Piante innevate: ecco com'è finita

C'è qualcuno curioso di sapere che fine hanno fatto le piante del post di febbraio colpite da una spolverata di neve? No? Vabbè, ve lo dico lo stesso.

Inizio con quelle che sono definitivamente morte, andate, rimaste totalmente fregate dall'effetto serra creatosi per il contrasto tra gelo esterno e caldo interno senza ricircolo di aria, il classico "bollito" (la fregatura principale delle serrette da balcone con copertura in nylon, se non si è attenti ad aprirle spesso... certo, se non ci fosse stato un lastrone di ghiaccio fuori l'avrei sicuramente fatto prima):
  • Senecio macroglossus 
  • Senecio crassissimus
  • Carpobrotus edulis
  • Agave sp.
Una prece.
Erano piccoli regalini, mi spiace soprattutto per l'agave, ricordo di una persona che non c'è più.


La maggior parte ha resistito alla grande, crescendo e fiorendo durante la bella stagione. Altre stanno lentamente ricrescendo da piccole talee recuperate in extremis. Ve le mostro.


                  PRIMA                                                                     DOPO                                                  

Gymnocalycium bodenbenderianum e G. anisitsii: il primo non è ancora mai fiorito, ma non ha avuto altre conseguenze; il secondo ha fiorito abbondantemente pur riportando alcuni danni, probabilmente dovuti ad altri fattori (ragnetto rosso), che lo hanno fatto pollonare sulle costolature.



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Rebutia heliosa, piccoli Trichocereus ed una piccola Lobivia sp.: tutte sane e salve, anzi, ben cresciute, se consideriamo che della heliosa ho anche staccato alcuni polloncini. La Lobivia invece ha messo la quarta dopo il rinvaso.





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Ariocarpus kotschubeyanus, agavoides e furfuraceus: a parte l'ultimo, rinvasato e tenuto un po' a stecchetto per paura di marciumi, ed ancora giovane per fiorire, gli altri hanno fiorito puntualmente tra settembre ed ottobre.
L'unico trapassato è stato l'Ariocarpus fissuratus, ma non a causa del freddo... ne parleremo in seguito.





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Mammillaria elongata e Thelocactus rinconensis: alla prima la neve ha fatto un baffo, il secondo non ha fiorito ma l'ottima crescita ha addirittura coperto i morsi di lumaca di un anno fa.



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Tra quelle non ancora nominate, Stenocactus coptonogonus, Gymnocalycium bruchii, Gymnocalycium monvillei e Frailea sp.: il bruchii ha saltato la fioritura, ma era ancora impegnato a riprendersi dai precedenti attacchi di ragnetto; il monvillei non ha mai fiorito ma ce l'ha fatta, benché come si può vedere dalle spine non molto sviluppate, non gli riserva una posizione di primo piano; la Frailea invece ha fiorito più volte, ma... a mia insaputa. In compenso ho ricavato sacche di semi a go-go.



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Rebutia christinae, Echinopsis subdenudata, Gymnocalycium cardenasianum: a parte il Gymnocalycium, reduce come i precedenti da altri problemi e che non ha fiorito, le altre due lo hanno fatto a profusione.

Risultato: cactacee tutte promosse!









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E veniamo ora alle piante sulle balconette, lasciate sempre alle intemperie e di conseguenza, le più provate.
Sedum palmeri, Graptopetalum paraguayense, Aptenia cordifolia: tutti robustissimi, il primo è rimasto un po' acciaccato ma col tempo ha dimenticato tutto, il secondo ha fatto bella mostra di sé con un'ottima fioritura; l'Aptenia, per quanto si sia dimostrata molto resistente, si è ripresa lentamente dallo shock presentando fioriture piuttosto scarse... però c'è. Per fortuna l'aptenia c'è! (...)






Il Delosperma cooperi si è dimostrato il migliore della sua famiglia per quanto concerne la resistenza al freddo; quello arancione senza identità ha patito appena un pochino di più; il Drosanthemum hispidum (per i comuni mortali, barba di giove) è un entouchable, in ogni senso... non potrei mai rinunciare alla sua vivacità.



Sedum rubrotinctum: poco rubro e molto scarnum, la batosta l'ha sentita, eccome. Non è tra i più resistenti, ma continuerò ostinatamente a lasciarlo all'aperto alla mercè del clima.













Delosperma lehmannii: promosso a pieni voti, non fiorisce ma cresce; non badate alla Kalanchoe laetivirens che gli ho affiancato temporaneamente per non farlo sentire troppo solo, probabilmente se ne andrà ai primi freddi.











Passiamo ai mitici Sempervivum: come da nome, questi non muoiono mai! Non per niente sono originari di Alpi e zone fredde montuose, per cui sono abituati a condizioni ben più estreme di quelle a cui sono stati sottoposti. 
Unica nota negativa: non hanno fiorito nessuno dei 4... forse troppa poca neve?




Sedum morganianum: da un pezzettino e qualche fogliolina, sta pian piano ripartendo (e la laetivirens colpisce ancora... la vedete nel vasetto?)



Sedum burrito: tra rametti salvati ed una seconda piantina di scorta, posso sempre contare sulla sua presenza, per ora... ma addà passà l'inverno.














Epiphyllum anguliger: il più provato dall'effetto bollito, accidenti a me; della pianta madre ho salvato pochissimi fusti sani, per fortuna avevo altre talee fatte radicare già prima del fattaccio... questo è il vantaggio di moltiplicare anzitempo le piante a cui si tiene di più.



Kalanchoe blossfeldiana: anch'essa sofferente all'ennesima potenza, ma un rametto qui e uno là, e voilà, ripartita. Non perché sia una pianta di particolare interesse, anzi, è la più comune delle piante grasse, ma mi fa compagnia da più di dieci anni, da ancor prima che mi scoppiasse la passione per le succulente. Ovviamente sopravvive grazie ad opportune ed occasionali rigenerazioni (leggansi talee).




Myrtillocactus geometrizans: ogni inverno che passa, ne esce sempre più malconcio; soffre atrocemente l'umidità e le basse temperature, manifestando il suo malessere sotto forma di ruggine. Malgrado ciò continuerò imperterrita a tenerlo in serra fredda, avendo (casomai me ne ricorderò) l'accortezza di avvolgerlo in tnt. Nel tempo, a furia di ripiantare fusti e pezzi di fusto sani, sono riuscita ad ottenerne più esemplari. 




Agave potatorum: dopo la strinata di febbraio, diverse foglie si erano seccate, ma nel frattempo ha emesso polloni laterali e continuato senza problemi la crescita, superando brillantemente il test.



Scilla pauciflora: la si poteva dare per spacciata a fine inverno, ma dopo aver potato tutte le foglie rammollite e tolto i pochi bulbi marci, è ricresciuta come niente fosse e sfoderato una cospicua fioritura primaverile. Promossa a pieni voti!








Infine, un'Aloe (probabilmente gariepensis) che si era soltanto macchiata. Ha tardato a riprendersi, ma è ancora viva e vegeta.






Posso senz'altro concludere che le nostre piante grasse sono molto più robuste di quanto crediamo. Non affrettiamoci a cantare il requiem dopo una spruzzata di neve sui cactus come quella che hanno preso i miei, non facciamoci consumare dall'ansia, ma abbiamo fiducia nella vitalità e nel desiderio di sopravvivenza di queste piante che dimostrano sempre di più (e io credo che ogni generazione sia più forte di quella precedente) di sapersi adattare in maniera eccellente a qualsiasi situazione, anche estrema. 

Se qualcuno volesse basarsi sulle mie piccole esperienze, sappia però che non è un dato di fatto assoluto che resistano, senza colpo ferire, a tutte le latitudini; qui, sul gomito d'Italia, non si è mai andati sotto i -5° e solo per un paio di settimane, non è detto che con temperature inferiori e più prolungate, riescano a farcela: la resa potrebbe, e sottolineo potrebbe, essere diversa in base al proprio clima.
Ci tengo a precisarlo per non avere sulla coscienza anche le vostre piante!



Commenti

  1. Morena, sei unica!
    E sono tutte belle, mannaggia! Comunque cosa ho mai fatto a scoprire il forum... sono sata contagiata in maniera inguaribile!
    Hermioneat

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  2. Grazie mille Hermi! Sìsì, sono unica... e per fortuna! Un'altra come me sarebbe stata insopportabile! :-D

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