UN RACCONTO DEL CACTUS: La parodìa della Paròdia

C'era una volta un cactus a spine gialle, dal corpo verde e muscoloso, dispensatore di magnifici fiori gialli: non a caso, il suo nome era Notocactus magnificus.
Un giorno si presentò un tasso, Nomo, che disse: 

- Da oggi in poi ti chiamerai Paròdia! Paròdia magnifica! -
Il nostro Notocactus (che chiameremo Noto per fare prima) prese molto male questo cambiamento... era un maschio lui! Iniziò ad avere delle crisi di identità, e così, per trovare consigli e conforto, fece il giro di tutti i suoi amici, quelli che abitavano con lui nella Sierra Morena
Era una popolazione molto eterogenea, ma spinosa.

Iniziò rivolgendosi ad un suo simile: 
- Ciao, sei al corrente del nostro nuovo nome? -
- Certo che sì, come femmina, sono ben felice di chiamarmi Paròdia! -
Capendo di non cavarne niente di buono, le chiese se avesse visto passare il suo amico saguaro, ma lei rispose: 
- Carnegiea?? E chi era costui? -.

Affranto, si rivolse ad un
Gymnocalycium, che se ne stava lì come un pascià, bello grande, il quale appena Noto aprì bocca, gliela tappò con un secco: 
- Vattene, bello, non mi rompere i saglionis. -

Andò allora da un
Ariocarpus sardo, lo apostrofò con un confidenziale: - Ariò! -, ma lui, molto riservato, se ne stette lì tutto... confusus.

Si avvicinò verso i caudex, ed ascoltò inavvertitamente una vivace discussione tra due
Dioscorea
- Sono giù, il mio Pachypodium mi ha lasciato... -
- E ci credo, tu hai sempre voglia di
dioscorrere! -
- Beh, io
lamerei con tutta me stessa se lui mi trattasse meglio! Mi dice sempre che ho poco tatto, simile a un elephantipes in una cristalleria! -

Camminando, si imbattè in un cactus molto spinoso dai modi un po' ambigui; sembrava dell'altra sponda. Il tizio si rivolse al nostro eroe con uno strano: 
- Belu belu, hai besoño de qualcosa? - ma il nostro eroe aveva già i suoi problemi di identità e non aveva voglia di preoccuparsi anche di quelli degli altri: era una Brasiliopuntia, un cactus trans.

Si guardò intorno e si rese conto che nessuno riusciva a dargli conforto, e pensò così di provare nel quartiere delle
Opuntia, le uniche che potevano far uscire dal Cylindro(opuntia) qualche sorpresa per lui. Ma era una famiglia strana, tutta presa a lucidarsi le spine e a guardare film in dvd; in quell'istante stavano guardando "A spasso con micro-dasys" e pensò bene di non disturbarle.

Girò la testa e vide un gruppo di cactus che stava dando da matto: erano gli
Sclerocactus, tutti in cura dal dottor Titano, lo psis-canalista.
Si allontanò da quel gruppo di sclerati, quando venne avvicinato da uno strano cactus che non conosceva, con un vistoso cappello rosso, e gli chiese:
- Ma-tu... cana? - e lui: - No, io me-lo-cactus. -

Passò in quel momento una sua cara amica, molto bella ma delicata ed estremamente freddolosa, e la chiamò vivacemente: - 
Uè! belmannia! -. Lei però lo salutò in fretta abbassando il capo perché si vergognava di farsi vedere dal suo amico, in quanto si era appena alzata, non aveva trovato la spazzola e non era perfettamente... pectinifera.

Si sentì solo, rendendosi conto che ognuno si faceva i cactus propri.
Un gruppo di succulente alte e bianche erano tutte Espostoa al sole, per riscaldarsi un po' e far vanitosamente bella mostra di sé. 
Un altro gruppo di piccole Escobaria era focosamente intento a... riprodursi, tanto che non si accorsero neanche di aver fatto scappare dei Delo-sperma dal loro rifugio.
Un Ferocactus, passando vicino ad una Lapidaria, fece un gesto scaramantico e pure tutti gli altri lì vicino toccarono... fero.

Ormai, sconsolato, il nostro Noto si avvicinò ad un bancale, accanto ad un
Cumulopuntia di rifiuti, deciso ad accendere un Cereus, quando ad un tratto gli si avvicinò una piccola cactusina graziosa: 
- Ciao, mi chiamo Cintia, e tu? -. 
- Ciao, io sono Noto. - Fu un colpo di fulmine!
- Mmm, sarai pure noto, ma io non ti conosco. Sei nuovo? -
- Beh, mi hanno appena cambiato nome e sono confuso... -
- Non preoccuparti. Io mi ero illusa di rimanere l'unica nel mio genere, era un motivo di orgoglio per me. Avevo un bel nome e cognome:
Cintia knizei. Invece mi vogliono far imparentare con le Copiapoa, per niente originali... che delusione.
- Porca
Oroya, che peccato! Allora siamo in due ad essere delusi.
- Già, sei in buona compagnia - rispose
Cintia facendogli le spine dolci.

Sentendosi finalmente rincuorato, invitò
Cintia a prendere un bicchiere d'acqua concimata, e se ne andò con lei, spina nella spina, verso un nuovo futuro succulento da vivere insieme.


© Morena M.

Commenti

  1. Devo dire che questa storiella è fenomenale!
    "Porca Oroya", poi, è geniale!

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  2. Uè, ciao Lorenzo! Che ispirazioni del cactus che mi vengono, porca oroya eheheh...
    ciao e grazie! :-)

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